mercoledì 22 ottobre 2008

Eco di MEssaggi d'Arte






Cari amici,



sono passati diversi giorni dal "mega-evento" eppure ancora non si è spento l'entusiasmo per le tante emozioni che ci siamo scambiati in quell'occasione...




Per ricordarcene e allo stesso tempo per ringraziare le persone che in diverso modo hanno preso parte a MEssaggi d'Arte, rendendo possibile questa bellissima realtà, inauguriamo oggi questo "spazio" in cui raccontare, mostrare e commentare qualcosa di quel sabato 11 ottobre...




Iniziamo noi, con queste foto, in cui potete vedere tre momenti dell'evento:

in alto, la presentazione dell'Associazione MEssaggi; qui sopra l'intervento del fotografo Gerardo Regnani e, qui a lato, la performance teatrale di Alessio Curti, dedicata alla storia di Pino Masciari.




Vi segnaliamo inoltre, tra le diverse pubblicazioni che abbiamo avuto, un bell'articolo di Underpress: http://www.underpress.it/index.php?option=com_content&task=view&id=900&Itemid=1



...Adesso aspettiamo i vostri contributi! Potete commentare direttamente questo post, oppure inviarci messaggi, foto, video ecc. tramite posta elettronica, al nostro indirizzo: messaggi.me@gmail.com

lunedì 29 settembre 2008

MEssaggi d'Arte - sabato 11 ottobre 2008

L’Associazione Culturale MEssaggi presenta

MEssaggi d’Arte
Quando l’arte educa al sociale


Rassegna artistico-musicale sui linguaggi espressivi, dal tema:
I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo


Sabato 11 ottobre 2008, a partire dalle ore 17.30
nella sala dell’Oratorio di Santa Caterina da Siena,
Piazza Galeria, 11 – 00179 Roma
- Ingresso ad offerta libera -


Interverranno:
Aurora Dunia, con una coreografia e una presentazione sulla danza del ventre come ponte tra Occidente e Oriente
Il fotografo Tom Frost, con una mostra fotografica sul tema Tv e bambini
La pittrice Guasca, con alcuni quadri della sua mostra Atmosfere Romane
Il gruppo musicale Mr. O, con alcune cover rock anni 70/80
Il fotografo Gerardo Regnani, con la mostra fotografica Metafore.2
Il gruppo musicale Rock Prior, con alcuni brani tratti dal cd: "Terre Lontane"
L’associazione culturale MEssaggi, con una presentazione delle sue attività.

MEssaggi d’Arte si propone come occasione d’incontro di diverse realtà artistiche e culturali, accomunate dalla caratteristica di farsi portatrici di un messaggio sociale. Le varie performance - intervallate da momenti musicali e occasioni di dialogo e confronto tra tutti i partecipanti - saranno introdotte e presentate dagli stessi artisti, in un’atmosfera amichevole e cordiale. Sarà inoltre l’occasione per presentare le iniziative future – in particolare i nuovi laboratori di formazione socioculturale - dell’Associazione MEssaggi.

Aurora Dunia, danzatrice e coreografa, presenterà a MEssaggi d’Arte una sua coreografia; introdurrà inoltre un breve dibattito sul ruolo della danza del ventre come strumento di integrazione culturale tra Occidente e Oriente… (
segue Aurora Dunia)

Tom Frost espone, per MEssaggi d’Arte, una mostra fotografica sul tema Tv e bambini: attraverso le ombre e le luci, guida lo sguardo dello spettatore fin dentro le profondità dell’anima umana… (
segue Tom Frost)

Guasca presenta, per MEssaggi d’Arte, alcuni dei suoi quadri - realizzati in tecnica mista - facenti parte della serie “Atmosfere Romane”. La mostra – che, inaugurata a Roma il 17 febbraio scorso, è stata anche oggetto di una mostra itinerante (“Il quadro che cammina”, Natale di Roma, 21 aprile 2008)… (
segue Guasca)

I protagonisti dei momenti musicali di MEssaggi d’Arte saranno due gruppi: i Mr.O, con alcune cover di pezzi rock anni 70/80, e i Rock Prior, che presenteranno alcuni brani tratti dall'album Terre Lontane… (
segue gruppi musicali)

Gerardo Regnani presenta a MEssaggi d’Arte, la mostra fotografica “Metafore.2”, che lui stesso descrive così: ‹‹Tutto può essere metafora! Un luogo, un (s)oggetto, un suono, un'immagine… (
segue Gerardo Regnani)

MEssaggi è un’associazione culturale senza fini di lucro, nata dagli interessi di alcune studentesse di Scienze della Comunicazione dell’Università “Sapienza” di Roma. Si propone di favorire la crescita socioculturale degli individui e il più generale progresso della società, soprattutto attraverso gli strumenti e i valori della Media Education… (segue MEssaggi).
Per informazioni:
Ilaria Rossi, Ufficio Stampa Associazione Culturale MEssaggi: tel. 338 93 99 926; e-mail: r.ilaria82@gmail.com

MEssaggi d'Arte - i partecipanti: Gerardo Regnani

Gerardo Regnani presenta a MEssaggi d’Arte, la mostra fotografica Metafore.2, che lui stesso descrive così: ‹‹Tutto può essere metafora! Un luogo, un (s)oggetto, un suono, un'immagine. La lingua, ad esempio, "vive" attraverso i suoni e le idee (immagini anch'esse, sebbene mentali), i significati veicolati dalle parole, nutrendosi delle metafore in esse contenute. Le immagini possono dunque essere veicolo di un senso altro, contribuendo a ri-creare un mondo secondo che si affianca a quello che viene percepito come reale. Le fotografie, non di meno, possono concorrere a ri-trarre questa realtà ulteriore, tutta mentale, soggettiva e, per tale ragione, plausibilmente remota rispetto all'apparente obiettività del medium fotografico. In questo gioco di astrazione, tutto intellettuale, la fotografia può quindi divenire anche un mezzo strategico per il "viaggio" ideale di un autore verso una dimensione che, di norma, è esterna all'immagine. Quanto è visibile in una fotografia rappresenta soltanto un'espressione sostitutiva, un surrogato visivo, una metafora visuale in sostanza, inerente qualcosa che è stato fatto aderire all'immagine da "fuori". Da tale pre-testo visuale prende il via, in questo caso prosegue (e ciò spiega quel ".2" che integra il titolo dell'opera), un percorso immaginario che si carica anche di valenze fortemente autobiografiche. Ma questa è ancora un'altra storia (privata)››.

Gerardo Regnani nasce nel 1963 a Frauenfeld, in Svizzera. La sua formazione di fotografo inizia all’Istituto Superiore di Design di Torino, nel 1991 (tra i docenti: P. Cavanna). Frequenta poi il Corso di Storia della Fotografia Contemporanea (Relatrice: A. Russo) presso il Museo di Arte Moderna di Rivoli (To) e vari corsi di formazione presso il Mifav - Museo dell’Immagine e delle Arti Visuali dell’Università di Roma Tor Vergata. Nel 2005 si laurea presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università “Sapienza” di Roma, con la tesi: Tra(s)guardi in-obiettivi: la fotografia come medium tra i media (relatore A. Abruzzese).

Dal 1995 ad oggi ha partecipato a numerose mostre, personali e collettive, tra cui:
- "Persone & Figure" - Moncalieri (To), 1995
- “Incontri” – Francia, 1999
- “A mia figlia” - Torino, 1999
- “Incontri/Rencontres” - Francia, 2001
- “Sguardi e immagini” - Istituto Nazionale per la Grafica - Roma, 2001
- “Confine” - Torino, 2002
- “Un ponte per Baghdad” - Roma, 2002
- “QPN” Nantes - Francia, 2003
- “Avec Mazzino” - Francia, 2007.

Ha collaborato inoltre con alcune riviste specializzate, tra le quali: “F&D”, del Mifav - Museo dell’Immagine e delle Arti Visuali dell’Università di Roma Tor Vergata, NIM - Newsletter Italiana di Mediologia, diretta da Alberto Abruzzese, e "MediaZone", magazine on line della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell'Università "Sapienza" di Roma, diretto da Mario Morcellini. Presso la stessa università ha collaborato anche con il Dipartimento di Sociologia e Comunicazione – Media Education e la Cattedra di Analisi dell'Industria culturale del Prof. Mario Morcellini, per la quale ha realizzato un ciclo di incontri sulla fotografia.

Attualmente è promotore e curatore dell’Associazione culturale “fine - fotografia e incontri con le nuove espressioni”, di cui è stato co-fondatore nel 1998.

domenica 28 settembre 2008

MEssaggi d'Arte - i partecipanti: Tom Frost

Tom Frost espone, per MEssaggi d’Arte, una mostra fotografica sul tema Tv e bambini: attraverso le ombre e le luci, guida lo sguardo dello spettatore fin dentro le profondità dell’anima umana. I bambini, nelle sue immagini, sono lasciati soli, abbandonati. Vengono privati dei loro sogni, mentre altri sognano per loro. Vengono privati della loro fantasia, della loro identità. Vengono sfigurati da un mondo che li vuole schiavi dell’avidità altrui, un mondo che non lascia loro via di scampo se non quella di cedere dinanzi la tentazione a cui la televisione li induce ogni giorno. E così “muoiono lentamente”…

Nuota sull’erba, come un fiume di luce, Tom Frost: personalità schiva e riservata di un artista misterioso, che si cela dietro uno pseudonimo... e che porterà un po' del suo mistero a MEssaggi d'Arte…

sabato 27 settembre 2008

MEssaggi d'Arte - i partecipanti: i gruppi musicali

I protagonisti dei momenti musicali di MEssaggi d’Arte saranno due gruppi: i Mr.O, con alcune cover di pezzi rock anni 70/80, e i Rock Prior, che presenteranno alcuni brani tratti dall'album Terre Lontane.


Mr.O nasce come cover band nel 2007, per iniziativa dai cinque amici di Velletri: Valerio Morelli (basso elettrico), Alessandro Panicali (tastiere), Alessio Nanni (batteria), Luigi Straffi (chitarra elettrica) e Luca Sciotti (voce).

Il loro percorso artistico inizia aprendo i concerti di altre band. L’anno scorso hanno suonato in diretta a Teleobiettivo e si sono esibiti in diversi locali dei Castelli Romani. Il loro ultimo concerto è stato alla Festa della Musica che si è svolta a Lanuvio nello scorso mese di giugno.



Rock Prior è un gruppo musicale fondato nel 2004 da tre amici di Roma: Alessandro Sacino (tastiere, piano e sintetizzatori), Daniele Borrelli (batteria, batteria elettronica e percussioni) e Franco Mastrofini (chitarra elettrica, chitarra solista e chitarra synt), cui si è recentemente unito Emiliano Felicissimo, col suo Rickenbacker Bass (basso elettrico).

I brani dei Rock Prior sono strumentali, con influenze varie che vanno dagli U2 ai Dream Theater, dai Gerard alla musica elettronica, strizzando l'occhio al rock prog anni ’70. La loro produzione musicale risente e si avvale comunque delle esperienze precedenti dei componenti acquisite nell'ambito di altre cover band.

MEssaggi d'Arte - i partecipanti: Guasca

Guasca presenta, per MEssaggi d’Arte, alcuni dei suoi quadri - realizzati in tecnica mista - facenti parte della serie Atmosfere Romane. La mostra – che, inaugurata a Roma il 17 febbraio scorso, è stata anche oggetto di una mostra itinerante (“Il quadro che cammina”, Natale di Roma, 21 aprile 2008) ed esposta l’ultima volta nel mese di luglio 2008, presso la Galleria “Campus” di Spoleto – rappresenta il tentativo dell’artista di sperimentare un genere nuovo, in cui il figurativo e l’astratto si uniscono.

L’uso sapiente dei colori, la ricerca della luminosità e l’accostamento suggestivo caratterizzano ancora una volta i lavori di questa artista così eclettica.
Scritte e ritagli di giornale rendono le opere molto vive perché costruite attorno a tematiche attuali, sottolineando in particolare l’importanza che rivestono le informazioni nella nostra società: “Il senso dell’arte oggi è cambiato – afferma Guasca - viviamo nella società dell’informazione nella quale bisogna sempre essere aggiornati, la cultura ha perso il suo significato originale, il quadro è morto perché ora serve solo come decorazione e non è mezzo di catarsi”. L’artista in questa esposizione affronta dunque temi quali: la fratellanza, la religione , la chiesa, la tolleranza, il disprezzo per le diversità e la negazione della povertà, esprimendo al contempo una denuncia al degrado, all’indifferenza ed alla corruzione.

Guasca ricorda nei suoi dipinti la Roma di un tempo coniugandola con la Roma attuale, dove storia e cultura si sono perse tra la fretta e la noncuranza. I sentimenti che legano l’artista a Roma emergono con forza: da un lato l’amore per la sua città ("la mia vita è stata un viaggio tra luoghi, culture, Paesi – confida Guasca – ma una città bella come Roma io non l’ho trovata in nessuna parte del mondo"), dall’altro il dispiacere per il degrado, per la divampante corruzione, per l’indifferenza e la poca capacità di ascolto tra gli esseri umani.

La pittrice, che nella sua continua ricerca ha utilizzato le più diverse tecniche espressive, ivi compreso l’astrattismo (“dobbiamo riconoscere che questa, l’astrattismo, è la strada vincente di Guasca” affermava nel 2001 Erina Russo de Caro), torna ora a sperimentare un genere nuovo in cui il figurativo e l’astratto si uniscono e danno vita a delle tele ricche di significato. “Dopo anni di lavoro – sostiene l’artista – ho capito che l’arte astratta può essere difficile da decifrare, io invece voglio esprimere quello che ho dentro e che la mia arte si avvicini alle persone”.

Guasca ha esposto i suoi lavori in diverse mostre in Italia ed all’estero (nel 1998 è stata alla Galerie “La Clef” di Bordeaux, nel 2000 alla Galerie “Le Phenicoptère” di Honfleur, nel 2005 alla Kunstgalerie “Herst” di Berlino, nel 2006 all’Hotel “Concordia Parc” di Cortina d’Ampezzo, solo per citarne alcune).

Ha scritto di lei Ennio Rossignoli: “Guasca lavora senza limiti di materia e di metodo: bronzi, ceramiche, raku, tecniche miste, tempere, encausti, incisioni. Ama il passato, ma lo recupera nell’attualità del sentimento, ne piega i sensi con la forza di una fede incrollabile nelle possibilità dell’artista-demiurgo. Astrattismo? Certo, anche, soprattutto per la rinuncia alla riproduzione mimetica del mondo”.

MEssaggi d'Arte - i partecipanti: Aurora Dunia

Aurora Dunia, danzatrice e coreografa, presenterà a MEssaggi d’Arte una sua coreografia; introdurrà inoltre un breve dibattito sul ruolo della danza del ventre come strumento di integrazione culturale tra Occidente e Oriente.

Aurora Cava, in arte Dunia, pratica sin da giovane età varie discipline sportive e musicali tra cui la danza classica, il nuoto e il pianoforte. Si laurea nel 1981 in Lingue e Letterature Straniere Moderne (indirizzo: Lingua Araba e Islamistica) e nel 1991 si trasferisce al Cairo (Egitto) dove, nei sei successivi anni di permanenza si appassiona alla danza orientale “del ventre”. Segue dunque il corso della danzatrice e coreografa spagnola Julia Salmeron, in arte Nesma, per due anni.
Trasferitasi successivamente a Birmingham (Regno Unito), segue per due anni i corsi di danza orientale e popolare araba della Moseley Dance Work School e di danza africana senegalese presso la DancExchange dell’Hippodrome.

A Roma, dal 1999, segue l’egiziano Saad Ismail - insegnante e coreografo presso il centro Danza “Mimma Testa” - con cui continua ancora oggi ad approfondire lo studio della danza a livello professionale e di cui è dal 2001 assistente.

Nel 2004 consegue il diploma del corso di formazione “Danza in Gravidanza” organizzato dal MIPA - Centro Studi di Brescia. Studia percussioni arabe e cimbali con i maestri M. K. Abdallah, Francesco Maisto e Hossam Ramzy.

Continua inoltre a rimanere in contatto diretto con la cultura araba e le danze popolari recandosi nei paesi arabi ogni anno per ricerche e studi.
Ha studiato con noti coreografi, danzatrici e insegnanti di fama internazionale, tra cui: Farida Fahmy, Mahmoud Reda, Shokry Mohamed, Eva Chacon, Djamila Henni-Chebra, Leila Haddad, Roberta Bongini, Jasmine Nammu, Hafedh, Sabina Todaro, Zaza Hassan, Liza Wedgwood, Yousry Sharif e Helene Eriksen.

Dal 2001 si dedica all’insegnamento e partecipa periodicamente a spettacoli di danza; tra i quali:
- “Notti d’oriente. La magia del gesto” (al Festival di Danze Mediorientali di Imola, 2004)
- “Sogno” (Roma, 2004)
- “La notte della Mezzaluna”, (Roma, 2004), di cui è anche coreografa.
- “Leyla Ya Leyla” (Roma, 2005 e 2006), di cui è anche coreografa.
- “Sogni – Ahlam” (Roma, aprile 2008), di cui è anche regista e coreografa.

Con il gruppo di Saad Ismail ha partecipato inoltre al Festival Internazionale Raks Sharky (Madrid, 2005), agli spettacoli "Grazie Esmat" (Roma, 2006) e "Abir. Profumo d'Oriente" (Roma, 2006) e alla rassegna internazionale, in rappresentanza dell'Italia, "The World Dances" organizzata e diretta dal più grande coreografo egiziano: Mahmoud Reda (luglio 2007, luglio 2008 – Alessandria d’Egitto).

mercoledì 24 settembre 2008

MEssaggi D'arte - Quando l'arte educa al sociale

L’Associazione Culturale MEssaggi ha il piacere di invitarvi all’evento

MEssaggi d’Arte

Quando l’arte educa al sociale

Rassegna artistico-musicale sui linguaggi espressivi, dal tema:
I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo

Sabato 11 ottobre 2008, a partire dalle ore 17.30
nella sala dell’Oratorio di Santa Caterina da Siena,
Piazza Galeria, 11 – 00179 Roma
- Ingresso ad offerta libera -


Interverranno:
> Aurora Dunia, con una coreografia e una presentazione sulla
danza del ventre come ponte tra Occidente e Oriente
> Il fotografo Tom Frost, con una mostra sul tema Tv e bambini
> La pittrice Guasca, con alcuni quadri della sua mostra “Atmosfere Romane”
> Il gruppo musicale Mr. O, con alcune cover rock anni 70/80
> Il fotografo Gerardo Regnani, con la mostra fotografica “Metafore.2”
> Il gruppo musicale Rock Prior, con alcuni brani tratti dal cd Terre Lontane
> L’associazione culturale MEssaggi, con una presentazione delle sue attività.


MEssaggi d’Arte si propone come occasione d’incontro di diverse realtà artistiche e culturali, accomunate dalla caratteristica di farsi portatrici di un messaggio sociale.
Le varie performance saranno introdotte e presentate dagli stessi artisti, in un’atmosfera amichevole e cordiale, ed intervallate da momenti musicali e occasioni di dialogo e confronto tra tutti i partecipanti.
Sarà inoltre l’occasione per presentare le iniziative future – in particolare i nuovi laboratori di formazione socioculturale - dell’Associazione MEssaggi.

mercoledì 23 luglio 2008

media e minori: quadro attuale.

I mass-media sono una realtà complessa: essi possono essere definiti un sistema industriale, un investimento tecnologico in continua espansione, un terreno di scontro politico, uno strumento
di informazione, di svago e di cultura, un’esperienza quotidiana per il pubblico. Tutto ciò è andato a riflettersi sul modo di studiarli, tanto da generare un insieme di indagini e ricerche, metodi e punti di vista così eterogenei da rendere difficile giungere ad una sintesi organica e coerente di tutte le conoscenze fin qui accumulate.
Sicuramente grande rilevanza storica ha avuto lo studio degli effetti dei media sugli individui, sui gruppi e sul sistema sociale.
1 Melvin L. DeFleur, Sandra J. Ball-Rokeach, Teorie delle comunicazioni di massa, Il Mulino 1995, Bologna pp. 159-314 Cfr Denis McQuail, Sociologia dei media, Il mulino 2001, Bologna pp. 325-383
Dal momento che i mezzi di comunicazione occupano un posto sempre più rilevante nella vita delle persone, essi sono chiamati ad assumere un ruolo centrale anche nel modo di relazionarsi con il mondo dell’infanzia. L’opinione pubblica e il mondo della sociologia della comunicazione si sono interrogati spesso anche sui pericoli che deriverebbero dall’uso dei mezzi di comunicazione da parte dei bambini. La tutela del fanciullo riguardo ai mezzi di comunicazione di massa rappresenta così uno dei temi più discussi e spigolosi nell’ambito scientifico contemporaneo e la società globale, dal canto suo, è tenuta a rispondere al bisogno dei bambini di capire il mondo anche attraverso i media.
Oggi il minore è titolare di diritti e doveri, un cittadino facente parte a pieno titolo di uno Stato, ma soprattutto una persona: si tratta di un soggetto appartenente a quella fondamentale formazione sociale che è la famiglia, in cui egli riceve, o dovrebbe ricevere, educazione e sviluppo psicofisico.
2 Il sito del ministero della Giustizia raccoglie le più importanti leggi a tutela del minore http://www.giustizia.it/minori/protezione/leggi_minori.htm%3E
I minori rappresentano la componente più giovane della popolazione, ma la storia dell’infanzia dimostra come la società ha spesso guardato al soggetto in formazione in modo del tutto inadeguato. Andando indietro nel tempo ci rendiamo conto che il minore ha ricoperto sempre un ruolo per lo più marginale, sia all’interno della società che della famiglia, questo almeno fino al XIX secolo: già la parola minore è di per sé significativa, in quanto evidenzia una condizione d’inferiorità umana e d’incompletezza, fragilità e dipendenza verso altri.
3 Alfredo Carlo Moro, Manuale di diritto minorile, Zanichelli 2000, Bologna,
p. 7

Il bambino e l’adolescente iniziano ad acquistare un ruolo sempre più attivo nella società, grazie soprattutto alla Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia del ’89 (Convention on the Rights of the Child) che è stata ratificata da 190 paesi, tra i quali l’Italia, e che rappresenta un vero e proprio vincolo giuridico per essi: gli Stati contraenti si impegnano a uniformare le norme nazionali a quelle della Convenzione, in modo da rendere effettivi i diritti e le libertà in essa enunciati. Nel dettaglio, l’art 13 afferma il diritto alla libertà di espressione intesa come libertà di ricercare, ricevere e divulgare informazione, mentre l’art. 17 della Convenzione chiarisce in
particolare quale posizione devono assumere i media nei confronti dei minori.
4 Dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia:
ART. 13 Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, a prescindere dalle frontiere, sia verbalmente che per iscritto o a mezzo stampa o in forma artistica o mediante qualsiasi altro
mezzo scelto dal fanciullo. L'esercizio di questo diritto può essere sottoposto a talune restrizioni, che però siano soltanto quelle previste dalla legge e quelle necessarie: a. al rispetto dei diritti e della reputazione altrui; b. alla salvaguardia della sicurezza nazionale o dell'ordine pubblico, della salute o della moralità pubblica.
ART. 17 Gli Stati parti riconoscono l'importante funzione svolta dai massmedia e devono assicurare che il fanciullo abbia accesso a informazioni e a programmi provenienti da diverse fonti nazionali ed internazionali, in particolare a quelli che mirano a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale nonché la sua salute fisica e mentale. A tal fine, gli Stati parti devono:
 incoraggiare i mass-media a diffondere un'informazione e programmi che presentino un'utilità sociale e culturale per il fanciullo e che risultino conformi allo spirito dell'articolo 29;
 incoraggiare la cooperazione internazionale allo scopo di promuovere la produzione, lo scambio e la diffusione di un'informazione e di programmi di questa natura provenienti da diverse fonti culturali, nazionali ed internazionali;
 incoraggiare la produzione e la diffusione di libri per ragazzi;
 incoraggiare i mass-media a prestare particolare attenzione ai bisogni linguistici dei bambini autoctoni o appartenenti a minoranze; promuovere l'elaborazione di appropriati principi direttivi destinati a tutelare il fanciullo contro l'informazione ed i programmi che nuociano al suo benessere, tenuto conto delle disposizioni degli articoli 13 e 18.

Per la prima volta, in un documento internazionale viene riconosciuto ai media un esteso potere, soprattutto sui bambini così indifesi e vulnerabili, e si sente l’obbligo di prescrivere direttive universali puntuali e ben precise affinché tali mezzi favoriscano il benessere sociale, spirituale e morale degli adolescenti.
Le responsabilità della comunicazione nei confronti del mondo dei bambini riguardano ovviamente l’attenta regolamentazione del rapporto tra il diritto-dovere della libertà di informazione e il contrapposto diritto-dovere di proteggere il cittadino in formazione assicurandogli un corretto processo di sviluppo. Confezionare e diffondere notizie che riguardano il mondo dell’infanzia richiede agli operatori della comunicazione di farsi carico di responsabilità
specifiche, di prestare grande attenzione alle modalità di rappresentazione dei fatti di cronaca che coinvolgono e vedono protagonista il bambino e, di conseguenza, interessano la promozione di un’immagine rispettosa del minore in quanto categoria sociale. Nel 1990, negli Stati Uniti d’America, viene emanato il Children’s television Act da parte della Commissione federale impegnata nel settore della comunicazione (FCC): questo ha imposto ai network televisivi di fornire programmi educativi e informativi per i giovani spettatori come condizione per il rinnovo
della licenza di diffusione.
5 Children’s television Act
Lo stesso anno in Italia viene redatta la Carta di Treviso dalla Federazione Nazionale della stampa e l’Ordine dei giornalisti con il coinvolgimento del “Telefono Azzurro”: si tratta di un documento che impegna i giornalisti italiani a norme comportamentali deontologicamente corrette nei confronti dei bambini e dei minori in genere.
6 Carta di Treviso
In linea con i principi di questo documento e a seguito dell’impegno degli operatori della comunicazione consapevoli delle loro responsabilità, sono stati redatti anche il Codice di autoregolamentazione Tv e Minori (2002) e il Codice di autoregolamentazione Internet e Minori (2003).
7 Codice di autoregolamentazione Tv e Minori <>, modifiche e Codice di autoregolamentazione Internet e Minori http://www.mclink.it/azienda/minori/allegati/codiceinternetminori.pdf
Una ipotesi di intervento di orientamento formativo arriva poi dalla cosiddetta “Media Education”, il cui obiettivo principale è sviluppare in bambini e adulti un atteggiamento critico e
un’autonomia di giudizio nei confronti dei mezzi di comunicazione.
8 Jaques Gonnet, Educazione, formazione e media, Armando 2001, Roma Cfr Pier Cesare Rivoltella, Media Education, modelli, esperienze, profilo disciplinare, Carocci 2001, Roma Cfr Maria Grange Sergi, Maria Giovanna onorati (a cura di), La sfida della Comunicazione all’educazione. Prospettive di Media Education, Franco Angeli 2006, Milano Cfr Mario Morcellini (a cura di), La scuola della modernità. Per un manifesto della media education, FrancoAngeli 2004, Milano
Per trasformare gli spettatori in protagonisti attivi e realmente capaci di scegliere, è opportuno prouovere un’educazione volta alla comprensione profonda dei meccanismi e dei linguaggi che regolano i media in relazione ai contesti sociali e culturali di riferimento.
9 Ibidem
Si tratta di una disciplina che produce riflessioni e strategie operative rispetto ai media, contribuendo a dare valide risposte alle istanze formative anche attraverso un’ottica interventista che punta a salvaguardare e sviluppare i territori del linguaggio, dei contenuti e delle tecnologie.
La Media Education si posiziona di fatto in una sorta di terra di mezzo fra la comunicazione e l’educazione abbracciando lo studio, l’insegnamento e l’apprendimento dei moderni mezzi di comunicazione ed espressione nell’ambito della teoria della pratica pedagogica.
10 Pier Cesare Rivoltella, Media Education, modelli, esperienze, profilo disciplinare, op. cit.
Questo insegnamento riguarda in particolare l’educazione con, ai, per i mezzi di comunicazione ed è decisivo proprio perché agisce dentro il terreno della comunicazione entrando nel merito della produzione e dei contenuti senza operare alcuna censura: in sostanza viene riconosciuto alle persone una sorta di libero arbitrio mediatico, che permette di decidere quali mezzi e linguaggi della comunicazione utilizzare e quale uso farne.
11 Ibidem
Le crescenti preoccupazioni sulle influenze dei mezzi di comunicazione, in particolare i mass-media, hanno reso la Media Education una necessità sempre più forte, tanto che diversi paesi europei hanno già introdotto alcune leggi riguardanti questo aspetto comunicativo nei programmi scolastici, spesso rendendola una materia interdisciplinare di supporto alle altre materie.
12 Jaques Gonnet, Educazione, formazione e media, op. cit., pp. 7-21 e 55-63
Lo studio delle relazioni fra mezzi di comunicazione e soggetti in età evolutiva svela quanto la natura di questo rapporto influenzi lo sviluppo di alcune capacità fondamentali nei ragazzi: attenzione, rappresentazione, comprensione, ritenzione di informazione hanno infatti un grosso potere nell’attività di fruizione, sul modo in cui i giovani utenti si confrontano con i media. E’ chiaro che i mezzi di comunicazione, così come possono turbare o addirittura compromettere l’iter formativo e di sviluppo del giovane, possono anche arricchire il suo bagaglio educativo e cognitivo. I mass-media sicuramente forniscono molteplici modelli simbolici di comportamento che possono essere assimilati, contribuendo a formare quegli schemi mentali che guidano il nostro modo di guardare e vivere la realtà di tutti i giorni.
13 Melvin L. DeFleur, Sandra J. Ball-Rokeach, Teorie delle comunicazioni di massa, op.cit., pp. 243-246
Nell’epoca del policentrismo formativo comunque "[…]è anche grazie ai media che i ragazzi riescono ad orientare i loro percorsi di crescita […]"
14 Geraldina Roberti, Mediamente giovani. Percorsi, stili e consumi culturali, Bulzoni Editore 2005, Roma, pp.159-168 Cfr Mario Morcellini, La comunicazione e i media nell’epoca del policentrismo formativo, pp.21-33 in Teresa Grange Sergi, Maria Giovanna Onorati (a cura di), La sfida della comunicazione all’educazione. Prospettive di Media Education, op. cit.
I mezzi di comunicazione di massa si sono aggiunti in modo preponderante alle tradizionali agenzie di socializzazione per trasmettere alle future generazioni il patrimonio culturale.
15 <> Melvin L. DeFleur, Sandra J. Ball-Rokeach, Teorie delle comunicazioni di massa, op. cit., pp. 224-230 Cfr Mario Morcellini, Passaggio al futuro: formazione e socializzazione tra vecchi e nuovi media, FrancoAngeli 1997, Milano
La famiglia, la scuola e il gruppo dei pari si mostrano sempre più in difficoltà a svolgere questa funzione, a sostenere, in altre parole, il processo di trasmissione di informazioni che permette di acquisire valori, norme e conoscenze indispensabili per regolare il comportamento all’interno della collettività.
16 Jaques Gonnet, Educazione, formazione e media, op. cit. Cfr Pier Cesare Rivoltella, Media Education, modelli, esperienze, profilo disciplinare, op. cit. Cfr Maria Grange Sergi, Maria Giovanna Onorati (a cura di), La sfida della Comunicazione all’educazione. Prospettive di Media Education, op.cit., Cfr Mario Morcellini (a cura di), La scuola della modernità. Per un manifesto
della media education, op. cit.
La percezione dello scollamento tra individuo e società appartiene alla crisi del nostro tempo e di fronte al rischio di de-socializzazione cresce la necessità di nuove forme di correlazione tra singolo e contesto.
17 Mario Morcellini e Michele Sorice, I media della socializzazione, pp. 281- 296 in in Tullio Sirchia (a cura di), Le tre culture: umanistica, scientifica, multimediale. La Scuola Alfamediale per Essere, Conoscere, Comunicare. Editrice Scolastica Italiana 1996, Marsala
Siamo quasi in uno stato di auto-socializzazione: l’attività di costruzione sociale della realtà si sta spostando nella sfera del soggetto e delle sue relazioni ed aggregazioni microsociali.
18 Si può parlare di socializzazione tramite mediazione o di una socializzazione senza mediazioni (im-mediata) o autosocializzazione in Mario Morcellini e Michele Sorice, I media della socializzazione, pp. 281- 296 in in Tullio Sirchia (a cura di), Le tre culture: umanistica, scientifica,multimediale. La Scuola Alfamediale per Essere, Conoscere, Comunicare., op. cit.
Viene posta grande enfasi sulle potenzialità della comunicazione e dei gruppi nella determinazione di mutamenti valoriali e, proprio grazie ai media, gli individui vanno a sperimentare nuove forme di interazione sociale.
19 Ibidem Cfr Geraldina Roberti, Mediamente giovani. Percorsi, stili e consumi culturali, op. cit., pp.159-168
E’ legittimo parlare di vere e proprie tecnologie di relazione sociale
20 Alberto Marinelli, Connessioni. Nuovi media e nuove relazioni sociali, Guerini Studio 2004, Milano, pp.199-246 Cfr Mario Morcellini e Michele Sorice, I media della socializzazione, p. 293 in Tullio Sirchia (a cura di), Le tre culture: umanistica, scientifica, multimediale. La Scuola Alfamediale per Essere, Conoscere, Comunicare., op. cit.
Nell’arco del Novecento è stata progressivamente dislocata in forme mediate una quota sempre maggiore dell’esperienza individuale e la diffusione dei media elettronici ha portato alla dissociazione il rapporto tra collocazione fisica e sociale con la conseguente sensazione di prossimità verso eventi, voci, colori, abitudini e culture di luoghi lontani.
21 Alberto Marinelli, Connessioni. Nuovi media e nuove relazioni sociali, op. cit., pp.199-246
I media digitali vanno proprio ad esaltare la capacità individuale di costruire un percorso personalizzato di socializzazione che, attraverso la dimensione del gruppo, rende possibile l’elaborazione di una propria identità.
22 Ibidem
I linguaggi interattivi e virtuali spingono verso la coscienza di sé e non più verso la visione del mondo: dalla lettura testuale si è passati alla navigazione ipertestuale, dalla trasmissione all’interazione e infine dalla percezione all’inclusione nel mondo virtuale.
23 Mario Morcellini e Michele Sorice, I media della socializzazione, p. 293 in Tullio Sirchia (a cura di), Le tre culture: umanistica, scientifica, multimediale. La Scuola Alfamediale per Essere, Conoscere, Comunicare., op. cit.
Si assiste a quella rimediazione del sé che permette al soggetto di sperimentare, attraverso le tecnologie, una rete di affiliazioni continuamente ridefinibile e in movimento: si tratta di quel sé
interconnesso o networked self individuato da Jay Bolter.
24 Jay Bolter, R, Grusin, Remedietion, Competizione e integrazione tra vecchi e nuovi media, Guerini Associati, Milano 2002, p. 266 Cfr Geraldina Roberti, Mediamente giovani. Percorsi, stili e consumi culturali, op. cit.
Infatti, nel nostro tempo, acquista valore la capacità di social networking che riguarda interazione, condivisione, produzione d’informazione e conoscenza con altri soggetti: utilizzare nuove tecnologie che permettono lo sviluppo di queste pratiche sta divenendo un importantissimo social skill.
25 <> Francesca Comunello, Divari digitali e ICT. Tecnologie abilitanti oltre la questione dell’accesso, pp. 69-75 in Giuseppe Anzera, Francesca Comunello (a cura di), Mondi digitali. Riflessioni e analisi sul digital divide, Guerini Studio 2005
Manuel Castells introduce il modello di network individualism per cui la moltiplicazione dei potenziali partner comunicativi apre al soggetto in rete spazi esclusivi in cui mettere in scena un sé continuamente ridefinito: la privatizzazione della socialità, ovvero la formazione di un nuovo sistema di relazioni sociali incentrato sull’individuo favorisce di fatto la sperimentazione di molteplici identità.
26Lo sviluppo di Internet fornisce un supporto adeguato per la diffusione dell’individualismo in rete come forma dominante di socialità. <> in Manuel Castells, Galassia internet, Feltrinelli 2002, Milano, p. 129-131
Allo stato attuale sono proprio i giovani che hanno saputo interpretare con maggior prontezza il ruolo di networked generation muovendo i primi passi per la costruzione autonoma del sé come principio di organizzazione dell’esperienza e delle pratiche sociali e sfruttando, con intelligenza, l’intera tastiera multimediale a disposizione.
27 Prefazione di Mario Morcellini al testo di Alberto Marinelli, Connessioni. Nuovi media e nuove relazioni sociali, op. cit., pp. 13-15
Gli adolescenti sembrano trovare la propria determinazione nell’essere connessi e nello sperimentare un sentimento di appartenenza ed inclusione; tuttavia, in seguito al progressivo moltiplicarsi delle possibilità di interazione sociale, l’identità delle nuove generazioni è diventata sempre più complessa per cui i giovani di oggi corrono il rischio di frammentare la propria personalità.
28 Geraldina Roberti, Mediamente giovani. Percorsi, stili e consumi culturali, op. cit. Cfr Telefono Azzurro, INTERNET: informarsi per navigare serenamente ed evitare i nuovi pericoli della rete. Quaderni del 2008, Roma
In ogni caso, a fronte di tanti rischi, si contano tante potenzialità comunicative.
29 Alberto Marinelli, Connessioni. Nuovi media, nuove relazioni sociali, op. cit., p. 229
Secondo recenti ricerche rese pubbliche in occasione del Safer Internet Day (12 febbraio 2008), i teen-ager sono forti utilizzatori delle nuove forme di mediazione tecnologica ed i social network in particolare rappresentano un fenomeno in notevole espansione tra i giovani.
30 Indagine Doxa per Save the Children, “Profili da sballo. Gli adolescenti italiani e i social network” per cui sono state condotte 300 interviste telefoniche ad un campione nazionale rappresentativo della popolazione di 13-17 anni: Il 95% dei ragazzi usa Internet, il 73% è entrato, almeno una volta, in community, programmi di instant messanging e social network il 66,7% degli adolescenti ha registrato e aperto un profilo, il 78% dichiara di essere registrato ad un social network per stare in contatto con amici, il 20% per conoscerne di nuovi, infine il 47% dei giovani intervistati dichiara di aver allacciato nuove amicizie grazie a Internet Cfr Rapporto Annuale 2007 Pedopornografia e rischi della rete: le azioni di contrasto dell’hot114, Telefono Azzurro. In Italia la percentuale delle famiglie con accesso internet da casa è passata dal 34% (2002) al 43% (2005): considerando i valori riferiti al 2006 nella graduatoria internazionale risultiamo però soltanto al 15° posto con un tasso di penetrazione del 40% rispetto alla media europea del 54% (Osservatorio della società dell’informazione luglio 2006). Considerando la distribuzione degli utenti che si collegano a internet da casa, per fasce di età, nel corso dell’ultimo trimestre 2005 il 4% nei navigatori è rappresentato da bambini tra i 6-11 anni, per il 9% da ragazzi tra i 12-17 anni. Riguardo ai comportamenti di navigazione dei bambini più piccoli in Europa: sono aumentati di numero gli utilizzatori della Rete e sono aumentati anche i loro consumi in termini di numero di collegamenti e quantità di ore trascorse navigando. La fascia più consistente di navigatori è rappresentata dai ragazzi tra i 15 e i 24 anni (Istat su Eurostat 2006).
Il safer internet plus programme in particolare propone un uso più sicuro di internet e delle altre tecnologie on line soprattutto da parte di bambini e combatte i contenuti illegali e dannosi, da immagini di abusi infantili al razzismo: ad evidenziare l’attualità del tema questo programma nel maggio 2005 è stato adottato dal parlamento europeo e dal consiglio.
31Making the Internet a safer place, febbraio 2008
In particolare è stato riscontrato che ci sono più ricerche su digital media ed adolescenti mentre si studia pochissimo il rapporto che hanno i più piccoli con i mezzi di comunicazione nonostante sia in calo l’età che li vede usare Internet.
32 EU Kids Online project sta facendo ricerche in 18 paesi europei su come i giovani usano i nuovi media.
Bambini, giovani e le loro famiglie risultano essere ormai all’avanguardia nell’uso delle nuove tecnologie e delle nuove opportunità offerte (cellulare, giochi, tecnologie peer-topeer) ma vanno anche incontro a una varietà di rischi ed esperienze negative che possono trovarli impreparati.
33Ibidem
Mentre si sta andando verso la definizione di nuove forme di autonomo protagonismo nell’universo della comunicazione digitale, la partecipazione sociale appare sempre più importante per costruire un futuro democratico e riguarda necessariamente l’assottigliamento del digital divide.
34 Giuseppe Anzera, Francesca Comunello (a cura di), Mondi digitali. Riflessioni e analisi sul digital divide, op. cit. Cfr H. Rheingold, Smart Mobs:tecnologie senza fili. La rivoluzione sociale prossima ventura, trad. it. Raffaello Cortina 2003, Milano, p. 16
La dimensione sociale dei mezzi di comunicazione con le sue specifiche modalità di fruizione accredita già i media quale strumento di segmentazione inter e intragenerazionale.
35 Simona Tirocchi, Romana Andò, Marzia Antenore, Giovani a parole. Dalla generazione media alla netorked generation, Guerini e associati 2002, Milano 16-22 e 243-248
Questo significa che l’empowerment di tutti i soggetti sociali si giocherà anche sulle competenze d’uso delle tecnologie di relazione sociale.
36 Alberto Marinelli, Connessioni. Nuovi media, nuove relazioni sociali, op. cit. Cfr Nicholas Negroponte, Essere Digitali, Sperling & Kupfer 1995, Milano, p. 35
Certamente la società globalizzata del nostro tempo non può più prescindere dai media: sono diventati strumenti indispensabili per il cittadino globale e si configurano come sistemi di riferimento di grande valore per le nuove generazioni.
37 Alberto Marinelli, Connessioni. Nuovi media, nuove relazioni sociali, op. cit. Cfr Nicholas Negroponte, Essere Digitali, Sperling & Kupfer 1995, Milano
La scuola in quanto luogodi apprendimento primario, strumento di pari opportunità e di democrazia della conoscenza, può sicuramente offrire a tutti la possibilità di familiarizzare con i molteplici linguaggi e media del mondo contemporaneo.
38 Settimio Marcelli, La ragnatela di babele, pp.231-238 in Tullio Sirchia (a cura di), Le tre culture: umanistica, scientifica, multimediale. La Scuola Alfamediale per Essere, Conoscere, Comunicare., op. cit.
op. cit.
In questo senso, l’obiettivo degli enti educativi e scolastici deve essere quello della comprensione e dell’uso dei linguaggi dei media e non la loro demonizzazione o discriminazione.
39 Antonio Thiery, Verbale e non verbale, pp. 239 in Tullio Sirchia (a cura di), Le tre culture: umanistica, scientifica ,multimediale. La Scuola Alfamediale per Essere, Conoscere, Comunicare.,
40 Roberto Maragliano, Nuovo manuale di didattica multimediale, La Terza 2004, Roma – Bari, p. 167
I linguaggi dei media sono linguaggi dei giovani, linguaggi del pensiero percettivo e per di più l’apprendimento multimediale, a differenza di quello monomediale che opera per astrazione, agisce per immersione giustificando anche il maggior gradimento dei più piccoli.
41 Roberto Maragliano, Nuovo manuale di didattica multimediale, op. cit., p. 8 globalizzato
Non insegnare ai minori ad interagire con le nuove tecnologie significa negare loro innanzitutto la cittadina nel mondo in cui andranno a vivere e nel quale “si giocheranno” il futuro.
42 Simona Tirocchi, Romana Andò, Marzia Antenore, Giovani a parole. Dalla generazione media alla networked generation, op. cit, pp. 16-22 e 243-248
(estratto dell'introduzione alla tesi di laurea spec.)
a cura di Chiara Codino

martedì 22 aprile 2008

EUROPA E IMMIGRAZIONE - Le politiche di controllo migratorio negli ultimi 20 anni

"Un mondo come quello in cui viviamo in cui da un lato si accrescono gli squilibri economici e demografici tra le varie parte del pianeta, dall’altro aumentano gli scambi commerciali, la circolazione delle informazioni e le possibilità di spostamento da un luogo all’altro, non poteva non essere segnato da un considerevole incremento dei flussi migratori"[1].

Non si tratta di un fenomeno storico nuovo, tuttavia sono nuove le sue dimensioni e la sua estensione planetaria: siamo in presenza di un fenomeno migratorio nuovo per quantità e qualità che coinvolte tutti i continenti; ci si trova sempre più di fronte a dei veri e propri esodi di massa in cui milioni di persone, intere popolazioni lasciano i loro paesi di origine in cerca di una vita migliore. "Oggi si emigra da tutte le parti più povere del mondo a quelle più ricche e la scelta delle migrazioni segue una complessa rete di itinerari"condizionata da fattori geografici, economici, politici e culturali [2].

Africa, Sud-Est asiatico, Medio oriente, alcuni paesi dell’America Latina e dell’America Centrale, L’Europa dell’est sono i luoghi di partenza di emigranti; America del nord, Australia, alcuni paesi dell’Est asiatico, i paesi più ricchi dell’America Latina, l’Europa dell’ovest sono invece i paesi di arrivo di queste ondate migratorie.

I protagonisti dei flussi migratori sono tutti diversi e non solo per cultura lingua, religioni e valori. Innanzitutto c’è una profonda differenza tra l’emigrante e il profugo che non si può dimenticare di sottolineare.

  • L’emigrante è in genere colui che mantiene relazioni con il proprio paese (mantiene, per esempio, la cittadinanza), continua a godere di protezione diplomatica. A livello internazionale non gode di particolari solidarietà o status.

  • Il profugo, o meglio il rifugiato, è invece definito come colui che è stato privato formalmente e di fatto della protezione da parte del suo paese. Questa persona, che non può fare ritorno nel suo paese dal quale è fuggito, ottiene lo status di rifugiato in un altro paese e viene protetto e aiutato a livello internazionale. Solo i profughi sono milioni di persone e costituiscono una parte importante del flusso migratorio che interessa anche l’Europa: il loro numero continua ad essere in costante aumento.

E’ impossibile calcolare esattamente quanti siano gli emigranti e i profughi nel mondo [3]. Quello che è certo è che nessun popolo, nessuna persona abbandona il proprio paese se non spinto dall’idea di trovare una “chance di sopravvivenza”. La portata di questo flusso è di difficile quantificazione anche perché purtroppo gran parte di questi spostamenti avvengono in forma clandestina. Fra le cause di migrazione il fattore economico sta diventando sempre più determinante.

Le grandi migrazioni negli ultimi vent’anni hanno raggiunto proporzioni così allarmanti da mettere in pericolo la pace e la stabilità mondiale.

Il carattere incontrollabile e apparentemente inarrestabile dei fenomeni migratori del nostro tempo costituisce un grosso problema per l’Europa dove la questione tocca fortemente l’opinione pubblica: da un lato si è manifestata la tendenza a cogliere gli aspetti positivi dell’immigrazione, d’altro canto il fenomeno ha suscitato una forte reazione identitaria [4]. Sicuramente l’incremento dei flussi migratori diretti verso l’Occidente ha portato molto scompiglio e, talvolta, ha determinato fenomeni di rigetto e di intolleranza preoccupanti perché nessuno – né le popolazione, né i governi - erano pronti a gestire la situazione.


Negli anni Novanta si è parlato molto dell’unificazione dell’Europa anche se era attraversata da profonde divisioni, non in ultimo proprio le divisioni razziali: subito dopo la caduta del Muro di Berlino (1989) si verificano difatti attentati a sfondo razziale e riprendono forza i partiti di estrema destra che invocano forti restrizioni all’immigrazione e ai diritti degli stranieri [5]. I flussi migratori alimentano molta paura: ansie e repulsione hanno raggiunto anche punte di xenofobia [6].


Tutt’ora l’Europa si sente minacciata dal fenomeno migratorio persistente; è accecata dal timore di essere fisicamente sommersa da ondate di popoli più numerosi e demograficamente vitali e la caduta dei grandi sistemi ideologici ha contribuito, nel tempo, ad alimentare vecchie identità nazionali e religiose che sono state riscoperte e gelosamente difese. Intanto l’impatto della globalizzazione sta mettendo in crisi la stessa idea ottocentesca dello stato nazionale come comunità sovrana e compatta al suo interno [7]."E’ proprio in questo modo trova senso il progetto di unità sovranazionali come la stessa Unione Europea, ma anche l’esplosione di micro nazionalismi, localismi e separatismi che vanno ad alimentare la tensione" [8].


A dispetto della paura, comunque, il continente europeo non può permettersi di mettere fine all’immigrazione: sembra proprio che all’Europa serviranno milioni di lavoratori se vorrà mantenere la sua crescita economica in futuro, anche a fronte del rallentamento della sua crescita demografica [9]. Già adesso la maggior parte dei governi europei si trova ad affrontare una carenza di manodopera e, in ogni caso, gli stranieri continuano ad arrivare nonostante i rischi e la brutta accoglienza [10].

In una visione più ottimista l’immigrazione può anche essere considerata portatrice di nuovi valori, nuove usanze e culture superando unicamente la visione dell’afflusso di altra forza lavoro. "Da qui l’assunzione del multiculturalismo come valore positivo. Da qui l’idea di una società multietnica in cui le differenze siano solo ammesse come cosa normale (piuttosto che tollerate come eccezioni) ma anche adeguatamente protette e valorizzate, soprattutto in ambito scolastico [11].

Si vuole sottolineare altresì che le migrazioni di massa sono una causa e un effetto della povertà e del limitato sviluppo di molti paesi nel mondo. In genere, riguardo al fenomeno della migrazione, viene sempre sottolineato il versante effetto e meno quello di causa della miseria. Tuttavia bisogna pensare che la ricchezza di un paese è costituita anche dalle sue risorse umane, cioè dalle persone, dalle loro capacità e dalle loro energie. E se un paese perde centinaia di cittadini – i più giovani, i più istruiti – che se ne vanno per cercare fortuna altrove, perde risorse preziose per il uno sviluppo, compensate solo in minima parte del denaro che questi ex cittadini invieranno in patria. E’ innegabile, comunque che i grandi flussi migratori del nostro tempo costituiscono degli effetti macroscopici della disparità di sviluppo (economico, sociale, politico) fra i paesi ricchi e il resto del pianeta.

Lasciando parlare i dati, il flusso di immigrati in Europa nell’ultimo ventennio è costantemente aumentato, raggiungendo all’incirca la quota di 19 milioni di persone [12]. Le motivazioni di tanta attrattiva vanno ricondotte "ai trascorsi coloniali dei Paesi europei - Francia e Inghilterra in primis - che hanno lasciato in eredità canali privilegiati di ingresso per le popolazioni provenienti dalle ex-colonie, ma anche al processo di allargamento dell’Unione, che ha permesso il progressivo ingresso di cittadini provenienti dai Paesi del Centro e dell’Est Europa […] "[13]

La Gran Bretagna e la Francia hanno cominciato a fare i conti con l’eredità dei loro imperi molto prima degli anni Novanta e benché entrambe si sono distinte per politiche d’immigrazione aperte, va sottolineato che disegnano storicamente due situazioni molto diverse [14].

"Il Commonwealth britannico era una famiglia di nazioni e i suoi abitanti dovevano essere liberi di muoversi al su suo interno"[15]. Fin dagli anni Cinquanta inizia però a crescere la preoccupazione per la possibilità di una immigrazione illimitata: ciò ha portato progressivamente ad un inasprimento delle politiche d’immigrazione. Durante gli anni novanta la situazione in Inghilterra si è già abbastanza stabilizzata grazie a forti restrizioni; il nuovo problema riguarda semmai la richiesta di asilo da parte di migliaia di profughi. Sebbene vincolato per legge e in conformità con la Convenzione delle Nazioni Unite per i rifugiati (sottoscritta nel 1951) il governo britannico alle soglie del 2000 rende la vita difficile anche agli aspiranti rifugiati attraverso una brutta accoglienza.

In Francia invece la politica dell’immigrazione era profondamente ispirata ai valori repubblicani rivolti a forgiare la popolazione in una nazione unita, omogenea e patriottica. Il multiculturalismo rappresenta un’eresia per lo Stato francese: "gli immigrati e i loro figli nati in Francia potevano facilmente acquisire la cittadinanza francese, ammesso che ne accettassero gli obblighi di lealtà alla nazione, alla lingua e alle norme sociali francesi"[16]. La questione immigrazione diventerà gradualmente, anche in questo caso, un problema politico e sociale di difficile risoluzione: le politiche di rimpatrio non risultano sufficienti, il rafforzamento del ruolo svolto dall’Islam nella vita pubblica francese alimenta malumori, nel frattempo continuano ad accadere terribili incidenti che mettono a rischio la stessa sicurezza pubblica [17].

In qualsiasi modo, nessun paese europeo è stato colpito dai recenti flussi migratori come la Germania a dispetto delle sue restrittivissime leggi in materia di concezione della nazionalità.

"Qualsiasi tedesco dell’Est che riuscisse a trasferirsi nella Repubblica federale era il benvenuto"
almeno fino al 1989: quando il flusso si è fatto troppo insistente sono state prese misure puntuali, nel 1991 è stata fissata una quota limite annuale con il risultato di un rallentamento graduale dei nuovi arrivi anche se rimasero comunque in molti facendo si che la popolazione straniera continuasse a crescere
[18]. "Di fatto il governo tedesco ha facilitato l’accesso alla cittadinanza per quelle persone che erano arrivate in Germania molti anni prima e per i loro figli, d’altro ha predisposto una formidabile serie di ostacoli per i nuovi arrivati specialmente per i rifugiati in cerca di asilo politico"[19].

Le misure restrittive adottate dai paesi europei più ricchi per ridurre l’afflusso di manodopera straniera non hanno però sortito gli effetti desiderati: "si sono sviluppati di conseguenza canali illegali di immigrazione clandestina e sono aumentate le domande di ricongiungimento familiare"[20]. D’altronde la disperazione, la fame, la speranza di vivere meglio non riconoscono frontiere e non rispettano i confini degli stati ed è noto che la malavita organizzata ha trovato negli espatri clandestini una ricca fonte di guadagno. L’effetto più evidente di questo cambiamento tuttavia è stata la scelta di nuove mete: si sono sviluppate nuove correnti anche verso paesi tradizionalmente esportatori di manodopera [21]. I paesi maggiormente interessati da questa tendenza sono stati quelli del Mediterraneo (Grecia, Italia, Portogallo e Spagna) [22].

"Fino agli anni ottanta le frontiere dell’Italia erano rimaste molto permeabili". Nel 1986 "il Parlamento italiano approvò una legge in cui si definiva una nuova politica per l’immigrazione", primo passo verso una politica più esaustiva in materia [23]. Ma il crescete senso di allarme avvertito in tutta Europa ha avuto ben presto conseguenze interne importanti anche nell’area politica ed elettorale italiana: la Lega Nord e il Movimento sociale italiano (MSI) hanno preso piede e sono entrati a far parte del governo nella coalizione del Polo delle libertà [24]. Nel corso degli anni novanta si sono irrigidite di conseguenza le leggi sull’immigrazione del nostro paese, sono aumentate le espulsioni e soprattutto abbiamo assistito all’accrescimento di un sentimento anti-immigrazione [25].

Di fronte alle diverse situazioni degli stati europei si potrebbe pensare all’impossibilità di un’armonizzazione delle politiche europee in materia di immigrazione e asilo politico. Ma di quale unità europea stiamo parlando?

Eppure l’Europa cerca da tempo, in linea con la visione dei primordi del sogno europeista, di incoraggiare gli spostamenti riconoscendo il diritto al free movement di tutti coloro che risiedono sul suo territorio tuttavia [26].

Nel lungo percorso di costruzione dell'unità europea, la libera circolazione delle forze del lavoro comincia ad essere garantita fin dai trattati di Roma (25 marzo 1957) che istituirono la Comunità Europea per l’Energia Atomica (Euratom) e la Comunità Economica Europea (CEE) grazie alla quale vennero fatti anche i primi passi verso la liberalizzazione degli scambi fra i paesi membri.

Nel 1985 in Lussemburgo è stato firmato un accordo nella città di Schengen che ha determinato l’inizio di una politica comune in Europa in materia di controllo dei confini attraverso la costituzione di un’area di libera circolazione per i cittadini degli stati aderenti. Ma la forte preoccupazione che le frontiere dei paesi del sud, in particolare l’Italia e la Spagna, fossero permeabili, permettendo agli immigrati di aprirsi un passaggio verso le grandi città dell’Europa nord-occidentale ha comportato l’opposizione all’accordo di Schengen di alcuni stati europei (Regno Unito, Irlanda).

Ben presto gli stati aderenti al Trattato di Schengen, il quale entrò effettivamente in vigore soltanto nel 1990, stabilirono anche nuove politiche comuni e la creazione di una banca dati chiamata Sistema di Informazione di Schengen, che ha il compito di fornire alla polizia di frontiera un’informazione immediata sulle origini e la fedina penale dei potenziali entranti [27].

Questi provvedimenti possono rappresentare un normale miglioramento del lavoro della polizia nel tentativo sensato di mettere fine, scoraggiare l’immigrazione clandestina oppure posso essere considerati come misure pensate ad hoc per tenere lontani i poveri, i perseguitati che, naturalmente aspirano a godere delle ricchezze occidentali [28]. Risulta evidente che gli europei stanno cercando di chiudere le porte a nuovi emigranti, forse anche il relazione alla crescente intolleranza nei confronti degli extracomunitari già presenti sul territorio che costituiscono una enorme sfida per l’integrazione.

I contorni vagamente federali della futura Unione Europea (UE) sono stati disegnati con gli accordi di Maastricht del dicembre del 1991: è stato definito l’ambizioso calendario che avrebbe portato il 1° gennaio del 1999 ad una moneta unica europea e sono state fissate genericamente le procedure che avrebbero consentito ai governi di pervenire a decisioni comuni e azioni comuni nei settori della sicurezza interna, della politica estera e della difesa [29]. La ricerca di una politica comunitaria che favorisca la libertà di circolazione è infatti stata riaffermata anche nel 1992 con la creazione del “mercato unico”.

L’ostacolo più grande al processo di armonizzazione delle politiche nazionali di immigrazione è rappresentato dalla diversità dei modelli di regolazione degli ingressi adottati dagli stati membri.

Il rapporto che ogni singolo stato stabilisce tra la domanda di immigrati e i modelli di regolazione che ne assicurano prima ingresso e, in seguito, integrazione sociale e politica non trova ancora riscontri nell’Unione. Si può parlare di due diverse politiche in materia: una che controlla i flussi attraverso il sistema dei permessi di lavoro cosiddetti work permits (Francia, Gran Bretagna e Germania) e un’altra basata sulla determinazione annuale di “quote” di ingresso (Spagna e Italia) [30].

Secondo la Commissione Europea gli stati membri dell’Unione dovrebbero orientarsi verso l’adozione di una politica di work permits, tuttavia questa non sembra essere necessariamente la prospettiva migliore: "il ricorso alle quote si configura come un sistema di managment degli ingressi in grado di colmare il mismatch nel mercato del lavoro" [31]. Di fatto nessuno dei due meccanismi si è dimostrato adeguato ed efficace nel controllo dell’immigrazione, al punto che si vanno diffondendo forme ibride di regolazione degli ingressi [32].

Con il Trattato di Amsterdam del 1997, entrato in vigore il 1° maggio del 1999, viene dato avvio alla costruzione di un modello europeo di gestione della materia orientato a trasferire nella sfera delle competenze comunitarie le politiche in materia di visti, immigrazione e asilo: "Nel corso della stesura del trattato si decide appunto di integrare “l’aquis” di Schengen […] nell’Unione Europea" per dare concretezza al principio della libera circolazione delle persone ponendo fine alla strategia del “doppio binario” (intergovernativo e istituzionale) che aveva caratterizzato fino a questo momento le politiche degli Stati Europei in materia d’immigrazione e asilo [33].


Una svolta nella gestione europea e comunitaria dell’immigrazione e dell’asilo viene segnata dal vertice di Tempere dell’ottobre del 1999. In questa occasione vengono indicate le linee-guida per attuare le disposizione del Trattato di Amsterdam alla luce dell’improrogabile necessità di strategie di azione improntate sulla collaborazione attiva; la strategia si dispiega su quattro aree di intervento: [34]

  • partenariato con i paesi di origine

  • regime europeo comune in materia di asilo

  • equità di trattamento

  • gestione dei flussi

Per il momento, il problema della regolazione degli ingressi per motivi umanitari e per asilo resta centrale nella politica europea anche se il numero delle richieste di asilo conosce una diminuzione nell’arco degli anni Novanta (tranne qualche eccezione, es. la Germania) [35].

Volendo classificare gli strumenti di controllo migratorio esterni a disposizione dell’Europa senza ricollegarli necessariamente alle strategie politiche di volta in volta perseguite dai governi, si possono rintracciare tre grandi famiglie [36]:

1. un primo insieme di strumenti che mira ad intervenire sul potenziale migratorio presente in una determinata area: accordi tra stati, progetti di sviluppo nei paesi o regioni a maggior rischio emigratorio o lo svolgimento di operazioni di pacificazione;

2. un secondo gruppo di meccanismi di controllo delle dimensioni e composizione dei flussi: la manipolazione della definizione dei canali d’ingresso, l’introduzione di sistemi di quote o di contingente e la politica dei visti;
3. Un terzo complesso di meccanismi collegato con le operazione di controllo alla frontiera: illegalità prevention e eligibility check.
Un secondo sistema di controllo interno riguarda invece il migrante dal momento che è entrato in territorio nazionale ed è costituito da almeno tre strumenti diversi [37]:
1. un primo insieme di controlli è mirato ad evitare la creazione di discrasia tra le condizioni stabilite per l’ingresso del migrante e la sua permanenza sul territorio dello stato: strumento principale è il permesso di soggiorno che vincola i tempi e i modi di permanenza e poi ci sono meccanismi sanzionatori volti ad impedire la permanenza in caso di mancata documentazione o di violazione delle condizioni poste;
2. un secondo insieme di meccanismi riguarda il controllo dell’accesso al mercato del lavoro: come il permesso di lavoro o i meccanismi sanzionatori volti ad incoraggiare l’impiego di lavoratori irregolari o l’impiego irregolare di lavoratori “regolari” che riguardano le norme;

3. un ultimo insieme di controlli si esercita sull’uscita degli immigrati stessi dal territorio nazionale: si tratta ad esempio del rimpatrio o di un allontanamento coatto (espulsioni).


L’Europa ricorda sempre più una fortezza? Alcuni pensano decisamente di si [38]. "Saranno i prossimi anni a dirci se la nuova tendenza ad una strisciante chiusura delle frontiere prima o poi metterà capo ad una modello aggiornato della “fortezza Europa” di un tempo, che negli ultimi decenni L’unione Europea aveva lentamente incominciato ad abbandonare" [39].
Intanto, in un’ottica di globalizzazione fa ben sperare l’esistenza di un interesse internazionale affinché venga garantita la tutela dei flussi per motivi umanitari, specialmente di fronte all’atteggiamento negativo manifestato dalla popolazione dei cinque paesi più ricchi dell’Unione (Italia, Germania, Spagna, Francia, Gran Bretagna) verso gli immigrati.

Auspichiamoci allora che l’Occidente non risponda ancora alla continua domanda di immigrazione chiudendo le sue porte nell’idea di proteggere il suo benessere, anche perché un muro che protegge i ricchi non può resistere a lungo. Il mondo dovrebbe interrogarsi di più sulle strategie di gestione del conflitti per la promozione di una pedagogia dell’intercultura, per educare tutti alla convivenza.



[1] A. Giardina, G Sabatucci, V. Vidotto, Storia dal 900 ad oggi (nuova ed.), Editori Laterza, Roma-Bari 200, p. 565
[2] Ibidem
[3] Ibidem

[4] William I. Hitchcock, Il continente diviso. Storia dell'Europa dal 1945 a oggi, Carocci, Roma 2003, pp. 509-513
[5] Ibidem p. 510
[6] A. Giardina, G Sabatucci, V. Vidotto, op. cit., p. 566
[7] Ibidem
[8] Ibidem
[9] Laura Franceschetti, Regolare l'immigrazione: il management dei flussi per lavoro in Europa, Franco Angeli, Milano 2004 pp. 28-30
[10] Ibidem
[11] A. Giardina, G Sabatucci, V. Vidotto, op. cit., p.566
[12] Ibidem p. 27
[13] Ibidem
[14] William I. Hitchcock, op. cit., p. 513-521
[15] Ibidem p. 513
[16] Ibidem p. 519
[17] Ibidem p. 518-521
[18] Ibidem pp. 521-527
[19] Ibidem p. 526
[20] Laura Franceschetti, op. cit., p. 97
[21] Ibidem p. 97
[22] Ibidem
[23] William I. Hitchcock, op. cit., p. 527-537
[24] Ibidem
[25] Ibidem
[26] Prefazione di Marcello Fedele al testo Laura Franceschetti, op. cit., p. 7
[27] William I. Hitchcock, op. cit., p. 537
[28]Ibidem p. 538
[29] Laura Franceschetti, op. cit., p. 45
[30] Laura Franceschetti, op. cit., p. 8
[31] Ibidem pp. 13, 14
[32]Ibidem p. 63
[33] Ibidem pp. 48, 49
[34]Ibidem pp. 50-53
[35] Ibidem
[36] Giuseppe Sciortino, L'ambizione della frontiera: le politiche di controllo migratorio in Europa, Franco Angeli, Milano 2000, pp. 106-108
[37]Ibidem
[38] William I. Hitchcock, op. cit., p. 539
[39] Prefazione di Marcello Fedele al testo Laura Franceschetti, Regolare l'immigrazione: il management dei flussi per lavoro in Europa, Franco Angeli, Milano 2004, p. 9




Bibliografia
· Laura Franceschetti, Regolare l'immigrazione: il management dei flussi per lavoro in Europa, Franco Angeli, Milano 2004.
· William I. Hitchcock, Il continente diviso. Storia dell'Europa dal 1945 a oggi, Carocci, Roma 2003.
· A. Giardina, G Sabatucci, V. Vidotto, Storia dal 900 ad oggi, Editori Laterza (nuova ed.), Roma-Bari 2001
· Giuseppe Sciortino, L'ambizione della frontiera: le politiche di controllo migratorio in Europa, Franco Angeli, Milano 2000.